sabato 13 dicembre 2008
Mercoledì 17 dicembre
giovedì 11 dicembre 2008
Scipero generale venerdi 12 dicembre
martedì 9 dicembre 2008
VENTIQUATTRO ORE DI LEZIONE
mercoledì 3 dicembre 2008
LA MOBILITAZIONE CONTINUA
GIOVEDI 4 DICEMBRE
lunedì 1 dicembre 2008
Domani martedi 2 dicembre
Comunicazioni agli studenti
giovedì 27 novembre 2008
LA SCUOLA SI FA…STRADA
sabato 29 novembre giornata di mobilitazione nazionale
in difesa della scuola pubblica
Contro la L. 169 (…. maestro unico)
Contro la L. 133 (…. i tagli )
Contro il disegno di legge Aprea
(… definitiva cancellazione della scuola della Repubblica)
PORTIAMO IN PIAZZA LA NOSTRA SCUOLA!!!
Lezioni in piazza
Scuole del centro storico_ore 10.00 Piazza Ghiberti
arte e musica, arabo, astronomia, improvvisazione teatrale
IC Montagnola Gramsci_ore 10.00 Piazza dell'Isolotto
origami, musical, pittura biologica...mostra sul tempo pieno
E nelle strade...
Bagno a Ripoli_ore 9.30
Un'ABCiclettata: B.a Ripoli,Antella,Ponte Niccheri, Grassina A/R
ore 11.30 Antella Ginko Yamada conduce il coro dei bambini
Circolo 11_ore 10.00
Passeggiata da Piazza delle Cure a Campo di Marte
Genitori del Liceo Artistico_ore 14.30
passeggiata luminosa in centro
30 novembre, Scuola Città Pestalozzi_ore 14.30:
Lettura itinerante degli articoli della Costituzione
PARTECIPATE TUTTI
domenica 23 novembre 2008
Assemblea di Facoltà
sabato 8 novembre 2008
Interrvento di Sc. della Formazione all'Assemblea Nazionale di Firenze del 8 Novembre 2008
lunedì 3 novembre 2008
APERITIVO A SCIENZE DELLA FORMAZIONE
venerdì 31 ottobre 2008
Programma della settima dal 3 al 7 nombre
martedì 28 ottobre 2008
Incontro con i sindacati
lunedì 27 ottobre 2008
Seminario-convegno
SCIENZE DELLA FORMAZIONE
ORGANIZZA:
27-28 OTTOBRE 2008
ore 21:00
Convegni dedicati ai genitori per esporre i provvedimenti riguardanti il sistema formativo
INTERVENGONO:
Dott.ssa Maria Rita Maccaniello
Dott.ssa Maria Rosaria Di Santo
Dott.ssa Vanna Boffo
Ed altri esperti in pedagogia dell’Università di Firenze
Scienze della Formazione
Aula Magna
sabato 25 ottobre 2008
Marco Rizzo a Scienze della Formazione
Prossimi appuntamenti!!!
giovedì 23 ottobre 2008
Manifestazione di martedì scorso
martedì 21 ottobre 2008
PER TUTTI GLI STUDENTI DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
La Facoltà di Scienze della Formazione è occupata
martedì 14 ottobre 2008
Assemblea
venerdì 3 ottobre 2008
Speciale tagli sulla scuola
Economia decisiva sul piano attuativo dei 7,8 mld di risparmi
Alla fine ha vinto l'Economia, e il suo ministro, Giulio Tremonti: nessuna concessione, o quasi, verso la linea garantista che il ministro dell'istruzione, MariaStella Gelmini, ha provato a percorrere (dalle promesse sul tempo pieno a quelle sul maestro unico), i tagli sulla scuola saranno applicati in modo efficiente. Ovvero saranno tali da ridurre per davvero le spese (per circa 7,8 miliardi complessivi in tre anni pari a oltre 130 mila posti in meno, tra insegnanti, bidelli e segretari). E non come avvenuto negli anni passati, con le Finanziarie sia di centrodestra che di centrosinistra. Per rendersi conto che questa volta si fa sul serio, basta leggere direttamente il piano dei tagli messo a punto dal tandem Istruzione-Economia. E in base al quale il dicastero di viale Trastevere ha già acceso i motori della fase 3 (a cui IO ha dedicato le pagine che seguono), ovvero la predisposizione dei vari regolamenti attuativi della manovra: dalla stretta sulla rete scolastica e sugli esuberi dei docenti alla revisione degli istituti tecnici. Dal prossimo anno scolastico si parte: si parte, per esempio, con il maestro unico alle elementari, ma anche alle materne, dove il servizio sarà tendenzialmente dimezzato: un insegnante e non più due per una scuola che sarà aperta solo la mattina e non più il pomeriggio. In questo modo, i docenti recuperati potranno essere utilizzati per far fronte alle richieste crescenti che giungono dalle famiglie, complici la ripresa della natalità e il flusso immigratorio. La riforma Gelmini parte anche alle superiori, dove i tecnici avranno l'80% degli indirizzi in meno rispetto agli attuali, e un orario di lezioni settimanali che cala da 36 a 32. Novità in arrivo, poi, per i licei (la bozza di riforma è attesa per questi giorni), e per i professionali (dove il percorso sarà più complicato visto che bisognerà trovare un'intesa con le regioni). Insomma, la riforma Gelmini, o Tremonti che dir si voglia, rispetta la tabella di marcia e non mostra cedimenti. Un vero guaio per i sindacati che in questo momento -complice anche la vicenda Alitalia- hanno più di un problema nei loro rapporti interni. Anche il parlamento fa la sua parte nel delineare il puzzle della riforma: la camera in queste ore sta dando il via libera al decreto legge n. 137, su scuola e università. È, per intendersi, il dl che ha previsto l'obbligo del maestro unico alle elementari a partire dal prossimo anno e lo studio di una rinnovata Educazione civica.
Non di poco conto poi le novità introdotte al dl in sede di approvazione in commissione cultura: su proposta della Lega Nord (prima firmataria Paola Goisis), è stato previsto lo studio degli statuti regionali nell'ambito delle ore dedicate a Cittadinanza e Costituzione e nei limiti «delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente». A firma invece di Valentina Aprea, presidente della VII commissione nonché relatrice del provvedimento, l'emendamento (approvato) che reintroduce il voto in decimi all'esame anche di terza media, al posto degli attuali giudizi. Un'altra delle riforme del '68 che sparisce dall'ordinamento scolastico italiano.
Dopo Alitalia, la Cgil va avanti da sola contro la Gelmini
Epifani annuncia lo sciopero generale. Ma ora per Cisl e Uil dire sì è più difficile
Prima il caso Alitalia, dove la Cgil si allea con i piloti, piuttosto che con i colleghi della Triplice, e spunta un accordo al rialzo rispetto all'iniziale pacchetto sottoscritto da Cai, Cisl e Uil. Poi le 150 manifestazioni targate dalla sola Cgil, che sabato scorso hanno visto sfilare nelle piazze italiane migliaia di persone in segno di protesta contro la politica del governo, dall'occupazione ai contratti. Ora tocca alla scuola, per la quale il leader della Cgil, Gugliemo Epifani, proprio sabato scorso ha annunciato un imminente sciopero generale. Un annuncio avvenuto in totale solitudine, e che ha esacerbato ulteriormente i rapporti con Cisl e Uil. È ormai evidente, l'unità d'azione può essere un obiettivo per il futuro, non certo un dogma in base al quale declinare il presente. Le parole di Epifani contro la riforma della Gelmini sono chiare:« Se le cose non cambiano andremo allo sciopero generale, spero unitariamente». Ma non si era mai visto un segretario generale annunciare uno sciopero di categoria senza averne prima parlato con gli altri confederali e limitandosi ad auspicarne l'adesione. Insomma, Epifani fugge in avanti sapendo che Raffaele Bonanni, segretario Cisl, e Luigi Angeletti, numero uno Uil- a queste condizioni- non lo seguiranno. Le parole di Epifani («Perché dobbiamo distruggere la scuola moderna? Ma come fa il ministro Gelmini a dire che meno i bambini stanno a scuola e più possono imparare? ) hanno infatti prodotto gli apprezzamenti entusiastici della Flc-Cgil, il sindacato del comparto Conoscenza. E la freddezza da parte dei segretari di Cisl scuola e Uil scuola. «Al momento lo sciopero generale e una grande manifestazione a Roma mi sembrano inevitabili», ha dichiarato il segretario Flc-Cgil Domenico Pantaleo, succeduto a Enrico Panini da pochi giorni. «E' evidente che dai docenti, studenti, genitori e da tutto il mondo della scuola c'è una forte spinta a contrastare le scelte intraprese dal governo attraverso una risposta importante. Siamo di fronte a un'onda distruttiva del sistema scolastico italiano, nelle prossime ore ci riuniremo con gli altri sindacati confederali per capire se c'è la possibilità di attuare un'azione unitaria». Per la Uil scuola, tocca al segretario generale, Massimo Di Menna, precisare che «le parole espresse da Epifani riguardano esclusivamente la Cgil», poiché lo sciopero è «un costo per i lavoratori» e va perseguito solo «preso atto dell'impossibilità a continuare il confronto con l'amministrazione pubblica». E rilancia, scrivendo una lettera a tutti i sindacati per una mobilitazione unitaria sul contratto. Anche per la Cisl scuola «le azioni unitarie vanno decise assieme. Noi intanto andiamo avanti con la nostra mobilitazione indetta per l'11 ottobre per protestare contro una manovra che mette in liquidazione la scuola», replica Francesco Scrima, leader della Cisl scuola. Che sul dissenso nei confronti della manovra mostra posizioni molto simili alla Cgil. Ma che di aderire all'eventuale sciopero della Cgil non ci pensa proprio.
Prof in esubero trasferiti d'ufficio E così si tagliano 7 mila cattedre
Dal prossimo anno scolastico tutte le cattedre delle secondarie saranno ricondotte a 18 ore settimanali. E se non ci saranno abbastanza ore per costituire cattedre a sufficienza per tutti i titolari, gli ultimi in graduatoria d'istituto saranno dichiarati soprannumerari e trasferiti d'ufficio.
Lo prevede l'articolo 22 di una bozza di regolamento sulla riorganizzazione della rete scolastica, predisposta dal ministero dell'istruzione per dare attuazione al decreto legge 112/2008 (si vedano le anticpazioni di IO di giovedì scorso) e al relativo piano di risparmi.
Ora più rischi
Il provvedimento, se approvato senza modifiche sostanziali, azzererà le norme di tutela che erano state previste dall'articolo 35 della Finanziaria del 2003 (legge 289/2002) che prevedevano la costituzione delle cosiddette cattedre di salvaguardia. In buona sostanza, la disciplina attualmente in vigore, nel disporre la cancellazione delle ore a disposizione tramite il riempimento delle cattedre fino a 18 ore fissa un limite. Esso consiste nalla impossibilità di procedere a questa operazione se nell'istituzione scolastica, a seguito della riconduzione delle cattedre a 18 ore vengano a verificarsi delle situazioni di soprannumerarietà.
Insomma, sì alla riconduzione a 18 ore, ma patto che non venga buttato fuori nessuno. Questo precetto, peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza (tribunale di l'Aquila 22 del 15.6.2004) a breve sarà superato. E dall'anno prossimo, sempre che il decreto passi (cosa peraltro assai probabile) la riconduzione avverrà a tappeto. Anche nelle classi di concorso precedentemente risparmiate, come per esempio la classe A043 (lettere nella scuola media).
Con questa operazione il governo conta di tagliare 5mila cattedre. E dalla sola cancellazione delle cattedre di salvaguardia, conta di tagliarne altre 2mila. In tutto, già dal prossimo anno: 7mila cattedre in meno.
L'ultimo perde posto
Quanto al trattamento dei soprannumerari, la bozza regolamentare rimanda alle procedure fissate dal contratto integrativo sulla mobilità. La procedura prevede in via preliminare la compilazione di una graduatoria d'istituto, nella quale devono essere inclusi tutti i docenti titolari nell'istituzione scolastica. Questa graduatoria, redatta con elenchi distinti per classi di concorso, viene elaborata secondo una serie di punteggi con riguadardo all'anziantià di servizio, alla continuità didattica, ai titoli posseduti e alle esigenze di famiglia. Dopo di che, all'atto dell'insorgenza della situazione di soprannumerarietà, il dirigente scolastico individua i docenti che vanno incontro al trasferimento d'ufficio, identificandoli in coloro che si troveranno collocati agli ultimi posti in graduatoria. Il tutto tenendo conto anche del regime di particolare tutela che la legge accorda ai portatori di handicap o a chi li assiste in via esclusiva (articoli 21 e 33 della legge 104/92). Che prevede per loro l'esclusione dalla graduatoria e l'inamovibilità. Dopo di che gli interessati possono presentare la cosiddetta domanda condizionata di trasferimento: un'istanza in tutto simile a una domanda di trasferimento, recante un elenco di comuni dove l'interessato preferibbe essere trasferito. Il tutto a condizione che nella scuola non si riformi una cattedra. Nel qual caso la domanda non viene essere presa in considerazione.
L'interessato, peraltro, ha anche la facoltà di non avvalersi del diritto a porre questa condizione, partecipando in ogni caso ai movimenti.
Il trasferimento
Qualora la situazione di soprannumerarietà dovesse persistere, l'amministrazione procede ad esperire gli adempimenti volti a soddisfare le preferenze espresse. E se nessuna delle sedi espresse risulta disponibile, procede al trasferimento d'ufficio secondo il cosiddetto criterio di viciniorità. Vale a dire facendo dei tentativi partendo dal comune più vicino alla scuola di precedente titolarità e così via dal più vicino al più lontano, fino a quando non si trova una sede disponibile.
Se nemmeno così è possibile ricollocare il docente interessato, l'amministrazione procede a collocarlo nella dotazione organica provinciale: una specie di limbo dove vengono sistemati gli insegnanti soprannumerari senza sede ai quali sarà assegnata una sede provvisoria per un anno in sede di mobilità annuale, tramite le cosiddette utlizzazioni.
L'utilizzazione
Si tratta di un provvedimento di mobilità annuale destinato proprio ai docenti che abbiano subito un trasferimento d'ufficio, in quanto soprannumerari, oppure che non abbiano ancora ottenuto l'assegnazione della sede definitiva oppure ancora ad altre categorie di docenti puntualmente individuate nel contratto annuale sulle utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie. L'utilizzazione viene disposta sempre a domanda dell'interessato, che può richiedere, contestualmente, di essere utilizzato in classi di concorso diverse da quella di titolarità oppure in altri gradi e ordini di scuola. Si può chiedere per sedi della stessa provincia o per sedi di altra provincia.
Ma con il dl Brunetta è possibile essere riutilizzati
I docenti messi a disposizione potranno essere dislocati su tre scuole, fino a coprire l'orario
Al via il piano di utilizzazione dei docenti in esubero. Il ministero dell'istruzione ha previsto l'insorgenza di un numero imprecisato di esuberi in vista dell'attuazione del piano di tagli al personale, previsto nella Finanziairia di quest'anno. E ha già predisposto la normativa per la ricollocazione dei docenti rimasti senza cattedra, inserendola nell'articolo 26 di una bozza di regolamento, che sarà approvata a breve dal governo. Il dispositivo fa riferimento all'articolo 64 del decreto legge Brunetta: il decreto 112, che è stato convertito con la legge 133 del 6 agosto scorso. E che già disciplinava la possibilità che un numero cospicuo di docenti di ruolo potesse trovarsi in eccedenza rispetto all'organico di riferimento. Addirittura potrebbe succedere che questi docenti risultino incollocabili anche in organico di fatto. Cioè anche dopo lo svolgimento delle operazioni di utilizzazione e assegnazione provvisoria. Per fare fronte a quella che potrebbe essere una vera e propria emergenza, l'amministrazione avrebbe predisposto delle disposizioni secondo le quali l'utilizzazione del personale coinvolto dovrebbe prioritariamente avvenire nell'ambito della scuola di titolarità. E in subordine in ambito provinciale su posto a frazione di posto eventualmente disponibile per la stessa classe di concorso. E se nemmeno così sarà possibile trovare una sistemazione, si proverà su posto o frazione di posto di altra classe di concorso. Sempre che l'interessato sia in possesso dell'abilitazione corrispondente o almeno del titolo di studio previsto per l'accesso alla classe di concorso. Anche in grado diverso di istruzione e nella scuola dell'infanzia. Oppure sul sostegno. Sempre a patto che abbia il titolo di specializzazione oppure un titolo di studio coerente con l'ambito disciplinare di riferimento o con il grado o con l'ordine di scuola in cui si verifichi la disponibilità. In ogni caso, coloro che possiedono altre abilitazioni saranno ricollocati facendo ricorso alla mobilità professionale d'ufficio.
Se nemmeno così sarà possibile far rientrare gli esuberi, l'amministrazione predisporrà una serie di provvedimenti di messa a disposizione. Il tutto prevedendo un'adeguata ripartizione sul territorio, proporzionale all'esigenza delle singole scuole, con particolare riguardo alla copertura di supplenze di durata non inferiore a 5 mesi. I docenti posti a disposizione saranno utilizzabili sulla base di modalità e criteri che saranno definiti in sede di contrattazione regionale fino alla concorrenza dell'orario di cattedra ed entro il limite di 3 scuole. Sempre secondo il criterio di facile raggiungibilità. Per agevolare queste procedure l'amministrazione ha intenzione di ridurre l'aliquota dei trasferimenti interprovinciali, che non potra superare il 20% dei posti disponibili. E se necessario i direttori regionali potranno anche bloccare i trattenimenti in servizio fino a 67 anni di età e quelli per il raggiungimento del massimo di anzianità contributiva (4 anni di servizio) negando le relative autorizzazioni.E intanto resta sullo sfondo la spada di Damocle della disciplina sul trattamento degli esuberi fissata dagli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 165/2001.
L'articolo 33 prevede, peraltro, l'esperibilità delle procedure già previste dal ministero nella bozza di regolamento e in più dispone anche l'accesso alla mobilità intercompartimentale. E a questo proposito la funzione pubblica ha già emanato una circolare con le prime disposizioni in tal senso (4/2008).
I trasferimenti intercompartimentali, però, secondo la funzione pubblica, seguono la stessa disciplina delle nuove assunzioni e dovranno essere preventivamente autorizzati. In alternativa, l'articolo 34 prevede, invece, il collocamento nelle liste di disponibilità per 24 mesi e poi il licenziamento.
Aule con più alunni, a rischio la sicurezza
Aule sovraffollate e rischi per la sicurezza per alunni e docenti. E' questo il pericolo a cui vanno incontro studenti e insegnanti dal prossimo anno, con l'entrata in vigore dei nuovi parametri per la costituzione delle classi, previsti in una bozza di decreto di revisione della rete scolastica predisposto dal ministero dell'istruzione. Il rischio maggiore lo corrono i ragazzi e i professori delle scuole superiori, sui quali si accanisce particolarmente il giro di vite predisposto dall'amministrazione scolastica. Che però non risparmia gli altri ordini di scuola.
Sovraffollamento alle superiori
Il nuovo numero minimo di alunni per costituire una classe di scuola secondaria di II grado è di 27 alunni. E in ogni caso si potrà arrivare tranquillamente a 30. E così, stando alla normativa vigente, per andare a scuola alle superiori, senza mettere a rischio la salute e l'incolumità fisica di alunni e docenti, le amministrazioni provinciali dovrebbero predisporre aule di almeno 61 metri quadri. Un dato che risulta dalla consoderazione che per ogni persona dovrebbe avere a disposizione 1,96 metri quadri. E queste aree vanno calcolate al netto di banchi, sedie, cattedra, lavagna e armadietto. Tanto prevede infatti, il decreto 18 dicembre 1975, che fissa gli spazi minimi vitali per sopravvivere nelle scuole in un contesto appena sufficiente a garantire un minimo di igiene e, soprattutto, senza mettere a repentaglio l'incolumità di chi deve starci.
Va detto subito, peraltro, che il ministero dell'istruzione ha pienamente titolo ad occuparsi della riorganizzazione delle classi. Tale potere rileva dall'espressa previzione contenuta nell'articolo 64 del decreto-legge Brunetta 112/2008).
La regione dimensiona le aule
Ma la materia della sicurezza degli edifici e delle aule, però, non rientra specificatamente tra quelle attribuite all'amministrazione scolastica. Essa, infatti, è di competenza del ministero delle infrastrutture e (probabilmente) del dicastero del lavoro e della salute. Tant'è vero che la materia è tuttora regolata da un decreto dell'allora ministero dei lavori pubblici (che oggi si chiama delle infrastrutture): il decreto 18 dicembre 1975 (pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 1976, n. 29). Sebbene in via transitoria. La materia, infatti, sembrerebbe essere riserva di legge regionale.
Manca l'accordo con le regioni
Il parlamento, dunque, non potrebbe metterci mano unilateralmente. E nemmeno il ministero dell'istruzione che, peraltro, in quanto amministrazione, ha potere solo in materia di atti di normazione secondaria rispetto alla legislazione primaria nazionale. Nel caso specifico, dunque, l'amministrazione scolastica, prima di rivedere i parametri delle classi, dovrebbe stipulare un'apposita intesa in sede di conferenza Stato regioni, sentito il parere della conferenza unificata. Intesa nella quale dovrebbero essere fissati i termini dell'applicabilità dell'aumento degli alunni per classe, tenendo presente le caratteristiche e la disciplina giuridica dell'edilizia scolastica regione per regione. Il tutto osservando la legislazione regionale esistente. Dalla bozza di decreto, invece, sembrerebbe evincersi che l'amministrazione scolastica avrebbe intenzione di acquisire il mero parere della conferenza unificata. Insomma potrebbe essercene abbastanza per un contenzioso interistituzionale sotto vari profili, forse anche davanti alla Consulta. Sull'istruzione stato e regioni insieme
Pluriclassi a 18 alunni
Insomma, il rischio che si corre è la chiusura delle scuole nei piccoli comuni. L'amministrazione scolastica lo sa bene ed è corsa ai ripari innalzando il numero massimo di alunni per costituire le pluriclassi che passa da 12 a 18 alunni. Ciò vuole dire che, se in un plesso ci saranno 9 alunni di prima e 9 alunni di quinta elementare, anziché chiudere la scuola, sarà possibile metterli insieme in una sola classe, con unico maestro. Resta il fatto, però, che a fronte di classi ipofrequentate, in altri centri saranno costituite classi molto affollate in tutti gli ordini di scuola.
Infanzia, una maestra per 29
E nel gruppo potranno esserci bambini anche di 2,5 anni
Maestra unica anche alla scuola dell'infanzia. Lo prevede il piano programmatico predisposto dal ministero dell'istruzione, in vista dell'emanazione dei decreti di attuazione della Finanziairia di quest'anno. Una sola maestra, dunque, e più alunni per classe: fino a 29 e, in casi particolari, fino a 32. Anche anticipatari. Il servizio sarà erogato prevalentemente di mattina, privilegiano dil modulo da 25 ore. Ma potrà essere utilizzata anche la scansione settimanale su 40 ore. Nella scuola dell'infanzia «l'orario obbligatorio delle attività educative» si legge nel provvedimento «nell'ottica di una progressiva generalizzazione e tenendo conto delle diversificate esigenze rappresentate dalle famiglie, si svolge anche solamente nella fascia antimeridiana, impiegando una sola unità di personale docente per sezione». E riorganizzando il più possibile il funzionamento delle sezioni di una medesima scuola sulla base di tali opzioni. Le conseguenti economie di ore e di posti, sempre secondo il ministero potranno consentire nuove attivazioni e conseguentemente l'estensione del servizio.
In sostanza, dunque, l'amministrazione intende aumentare il numero delle classi di scuola dell'infanzia, utilizzando le maestre che rimarranno senza posto con l'introduzione della maestra unica. E ciò riguarda anche le maestre di scuola primaria, che rimarranno fuori a seguito dei tagli che stanno per abbattersi sulla scuola primaria. A questo proposito, infatti, l'amministrazione ha già preparato un decreto nel quale viene prevista proprio la possibilità della ricollocazione nella scuola dell'infanzia delle maestre elementari in esubero. Resta il fatto, però, che a fronte dell'introduzione della maestra unica nella scuola dell'infanzia, non è prevista una riduzione del numero degli alunni per classe. Anzi, è previsto un aumento.
Le classi, infatti, potranno essere costituite fino a 29 alunni. Ma volendo si potrà far salire il limite fino a 32 alunni. Per lo meno secondo quanto previsto dalla bozza di regolamento di attuazione del decreto Brunetta, che all'art.7 prevede la possibilità d eccedere i parametri del 10% rispetto a quanto fissato in via ordinaria. Insomma: classi normali fino a 29 alunni e classi straordinarie fino a 32. E' bene ricordare che gli alunni che frequentano la scuola dell'infanzia hanno un'età compresa tra i 3 e i 5 anni. Tutti affidati a una sola maestra. E non è tutto. Il piano programmatico prevede la reintroduzione dell'anticipo. Sebbene con un provvedimento a parte. Nel qual caso l'età minima potrà scendere fino a 2 anni e mezzo. L'età in cui i bambini, non di rado, non hanno ancora acquisito il controllo degli sfinteri.
In più, nei territori montani, delle piccole isole e dei piccoli comuni privi di strutture educative per la prima infanzia, sarà consentita, ad integrazione del numero delle sezioni che non raggiungono il numero dei bambini stabilito, l'iscrizione alla scuola dell'infanzia di piccoli gruppi di bambini di età compresa tra i due e i tre anni.
Inglese? No specialisti
Dal prossimo anno scolastico l'inglese sarà insegnato nelle primarie da un insegnante di classe opportunamente specializzato. Con questa misura il governo si propone di tagliare 4mila cattedre dal 1° settembre 2009, 3900 cattedre dal 2001 e infine, dal 1° settembre 2001, altre 3900 cattedre. A regime, 11.800 cattedre in meno e cancellazione della figura dell'insegnante specialista. Per attuare il piano il ministero ha intenzione di rendere obbligatorio il piano di formazione linguistica degli insegnanti su posto comune che non possiedono i requisiti per l'isegnamento dell'inglese. Il percorso formativo sarà triennale e nel primo anno avrà una durata compresa tra le 150 e le 200 ore. Dopo la formazione i docenti intressati saranno impiegati nelle prime due classi della scuola primaria. E saranno assistiti da interventi periodici di formazione linguistica e metodologica attraverso supporti multimediali. In ogni caso, fino a quando il piano non sarà concluso, l'amministrazione potrà ancora utilizzare docenti specialisti che, però, dovranno prestare servzio per l'intero orario d'insegnamento. E dunque, non come in passato quando venivano assegnate loro non più di 6 o 7 classi. L'insegnamento dell'inglese nella scuole elementare era stato introdotto con il decreto ministeriale 28 giugno 1991. E siccome l'amministrazione si era resa conto che tra i docenti sul posto comune mancavano le competenze necessarie, aveva ritenuto di disporre l'utilizzo di docenti laureati in lingue ai quali venivano assegnate in via generale sei classi e, comunque, non più di sette classi. Copriva insomma già quasi del tutto il suo orario di cattedra e per la rimanente ora veniva utilizzato in copresenze oppure per le sostituzioni. Con le nuove disposizioni, invece, l'amministrazione ha previsto che l'utilizzo avvenga per tutto l'orario di cattedra (24 ore).
Orario a ventaglio, l'offerta delle elementari
Quanto all'orario settimanale delle elementari, l'amministrazione di viale Trastevere ha intenzione di privilegiare l'attivazione di classi affidate ad un unico docente e funzionanti per un orario di 24 ore settimanali. Così come prevede il decreto legge 1 settembre 2008, n. 137. Questa nuova articolazione funzionale, però, dovrebbe convivere anche con altre scansioni orarie, per fare fronte alle esigenze delle famiglie. La prima delle ulteriori opzioni è il modello a 27 ore previsto dal decreto legislativo 59/2004, con esclusione delle attività opzionali facoltative. La seconda è quella delle 30 ore, comprensiva dell'orario opzionale facoltativo e con l'introduzione del maestro prevalente. Quest'ultimo nei limiti dell'organico assegnato, è integrabile con le risorse disponibili presso le scuole. Infine, potrà aversi anche l'ulteriore opzione delle 40, corrispondente in parte all'attuale tempo pieno, tramite una estensione delle ore di lezione pari ad un massimo di 10 ore settimanali, comprensive della mensa. Secondo il ministero, però, l'opzione del maestro unico resta l'opzione vincente. Perchè secondo viale Trastevere «appare più funzionale all'innalzamento degli obiettivi di apprendimento». Anche perchè, sempre secondo il ministero «nell'arco di vita intercorrente dai sei ai dieci anni si avverte il bisogno di una figura unica di riferimento con cui l'alunno possa avere un rapporto continuo e diretto».
Niente prolungato
Il tempo prolungato alle medie va in pensione. Ma non subito: gradualmente. Dal prossimo anno sarà ridotto fortemente e, dove sopravviverà, non potrà superare le 36 ore settimanali. E per continuare ad esistere le scuole dovranno essere in grado di assicurare il servizio mensa almeno 3 volte la settimana. Resiste invece il tempo pieno alle primarie. Lo prevede una bozza di regolamento predisposta dal ministero dell'istruzione, che ricalca peraltro quanto già anticipato dal piano programmatico elaborato dal dicastero di viale Trastevere, per dare attuazione alla Finanziaria e al decreto Brunetta. Dalla falcidie del tempo prolungato l'amministrazione conta, infatti, di cancellare 13.600 cattedre in due anni. E per raggiungere l'obiettivo sta per introdurre delle norme draconiane che metterenno le scuole in condizione di rinunciare, nella maggior parte dei casi, a questo tipo di articolazione oraria. Le nuove disposizioni, infatti, nell'imporre almeno 3 rientri pomeridiani, impediscono di fatto ai piccoli comuni di continuare a fruire del tempo prolungato.
Per garantire i rientri pomeridiani, infatti, le amministrazioni comunali dovrebbe essere in grado di fornire il servizio di mensa ogni volta che c'è il rientro. Cosa pressocchè impossibile in modo particolare per i piccoli comuni, che non hanno fondi a sufficienza. Specie in questo momento di ristrettezze. E l'Istruzione lo sa bene.
Prova ne è che nel piano programmatico sono riportati puntualmente i dati relativi alla riduzione del numero delle cattedre che deriverà da queste operazioni. In ogni caso non sarà più possibile adottare il modello delle 40 ore settimanali, molto diffuso specialmente al Nord e preferito dalle famiglie in cui lavorano entrambi i coniugi.
Le imprese: il lavoro c'è, mancano i giovani preparati
L'ultimo rapporto Excelsior accusa la scuola per la carenza di personale specializzato
Mercato del lavoro e sistema formativo parlano due lingue diverse. Se da un lato il mercato del lavoro cerca profili professionali con maggiore specializzazione tecnica, come emerso dall'ultima indagine di Unioncamere e ministero del lavoro (Excelsior 2008), dall'altro lato la scuola italiana dedica meno tempo all'aspetto tecnico nell'insegnamento.
Secondo i dati Exceslior gli incrementi di assunzioni negli ultimi 3 anni hanno riguardato le professioni tecnico-specialistiche impegnate nell'amministrazione, controllo di gestione, finanza. Tra i più richiesti nel 2008 risultano infatti gli addetti alla contabilità (circa 17mila), all'amministrazione (oltre 12mila), alla contabilità in generale (quasi 6mila). Forte la crescita nel triennio anche di altri due gruppi professionali: gli addetti alle fasi di progettazione e sviluppo di nuovi prodotti/servizi e gli impieghi finalizzati al conseguimento di maggiori margini di efficienza dei processi produttivi e gestionali. Ma il problema è che «La scuola non mantiene il passo con la domanda di lavoro del mercato», ha dichiarato Luisa Ribolzi, docente ordinario di sociologia dell'educazione all' Università di Genova. La ricerca ha evidenziato che specializzazione ed esperienza sono le carte giuste per trovare occupazione. Caratteristiche che il sistema formativo, a detta della professoressa, non riesce a garantire. I ragazzi, quando escono dalla scuola secondaria, non hanno una formazione professionale appetibile per le imprese. A conferma di ciò i dati emersi dal rapporto Excelsior: rispetto al 2006, infatti, cala di 5 punti percentuali la quota delle entrate previste di personale qualificato al primo impiego (26% nel 2006, 21% nel 2008). Formazione che non è data neanche dal sistema universitario. Secondo i dati di Almalaurea solo il 20% dei ragazzi che conseguono la laurea triennale si mettono in cerca di occupazione, il restante decide di continuare.
Il sistema formativo, ha spiegato Ribolzi, tende a sottostimare la componente tecnica nell'insegnamento, che un tempo ha formato l'ossatura proprio di quelle piccole imprese che riescono a far fronte alla congiuntura economica internazionale. «Gli istituti tecnici si stanno impoverendo di forme miste. Mancano i soldi? Allora si tagliano i laboratori», ha affermato Ribolzi, «come a dire ai ragazzi volete fare esperienza? Allora fatela fuori dalla scuola».
Il reclutamento, poi, avviene, nella maggior parte dei casi, attraverso reti di conoscenze, sia per diplomati, ma anche per laureati. Il numero alto di corsi di laurea, ben 5.500, disorientano l'impresa, «che diffida sempre più della coincidenza tra competenza e titoli». Secondo Ribolzi gli imprenditori valutano positivamente la formazione generale degli studenti, ma non altrettanto le loro competenze professionali. Perché esiste un gap tra istruzione e formazione tecnica professionale. Una distanza causata dalla mancanza di una struttura definita in cui avvenga l'incontro scuola lavoro. «L'Italia è l'unico paese in Europa in cui manca una formazione tecnica intermedia post secondaria e non universitaria», ha affermato Ribolzi, «Esistono i sistemi di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts), ma sono corsi di formazione non istituzionalizzati. Prima esistevano i diplomi di laurea che formavano tecnici intermedi, poi sono stati aboliti dalle lauree triennali».
Ma il problema riguarda anche le scuole di secondo grado. «Mantenere il sistema attuale è una follia. Non ha senso mantenere due bienni e un quinto anno», ha affermato la Ribolzi che vede positivamente il progetto annunciato da Mariastella Gelmini, ministro dell'istruzione. Quello di ridurre il ciclo delle superiori dagli attuali cinque a quattro anni. «In Francia negli anni 70 la maturità si conseguiva al quarto anno e il quinto era di specializzazione o di preparazione universitaria». In questo modo, secondo Ribolzi, si eliminerebbe anche il problema della terza prova, in sede di esame di maturità, che oggi crea non poche difficoltà organizzative a causa dell'esistenza di circa 700 differenti indirizzi. Inoltre, per la sociologa, bisognerebbe adottare un metodo di valutazione standardizzata, anche per evitare che «diplomati, ad esempio, in discipline artistiche si iscrivano poi a facoltà come quelle di medicina».
Nei tecnici il 5° anno è ballerino
Diverso in base al futuro del giovane: università o lavoro
Meno ore di lezione e riduzione degli indirizzi. E' questa la ricetta del governo per ridurre il peso degli istituti tecnici nella bilancia dei pagamenti. Le intenzioni dell'esecutivo sono contenute in un apposito piano per la riforma del canale della formazione tecnica.
Da 36 a 32 ore di lezione
L'orario di lezione scenderà dalle attuali 36 ore a 32 ore settimanali. Il tutto, moltiplicato per 33 settimane di lezione, fa 1056 ore di lezione annuali. E questo modello sarà articolato in un'area di istruzione generale comune e aree di indirizzo. I percorsi formativi, tutti di durata quinquennale, saranno caratterizzati da un biennio orientativo, un ulteriore biennio e infine un biennio che concluderà i corsi di istruzione e sarà finalizzato all'inserimento nel mondo del lavoro o alla formazione terziaria.
Autonomia e laboratori
L'autonomia didattica potrà essere esercitata sul 20% del monte ore nel primo biennio, 30% nel secondo biennio e 35% nell'ultimo anno. Ciò per favorire le opzionalità, la flessibilità dei percorsi, le transizioni tra canali formativi e le partnership a livello territoriale. Le metodologie formative includeranno il potenziamento dei laboratori. Ciò avverrà anche tramite la riduzione delle ore di copresenza degli insegnanti tecnico-pratici di almeno il 30%. E sarà potenziata anche l'alternanza scuola-lavoro tramite tirocini e stage in azienda. Il percorso finale terminerà con l'esame di stato.
Si parte dal 2009
La modifica degli ordinamenti sarà avviata progressivamente a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010. Dall'anno scolastico 2009/2010 non saranno conseguentemente attivate nelle prime classi le sperimentazioni attualmente in atto. Per i centri di istruzione per gli adulti, (compresi i corsi serali degli istituti di II grado) sarà ridefinito l'assetto organizzativo-didattico, prevedendo un numero contenuto di materie di insegnamento. Eventuali docenti in esubero non potranno essere utilizzati in corsi o in moduli non ordinamentali.
Settori e indirizzi
I percorsi formativi saranno suddivisi in 2 settori: uno economico e l'altro tecnologico. I titoli rilasciati non saranno più distinti in ragionieri, geometri e periti, ma confluiranno tutti nella qualifica di perito al quale sarà aggiunto l'aggettivo relativo all'indirizzo frequentato.
Il settore economico comprenderà un indirizzo su amministrazione, finanza e marketing e un altro sul turismo. Il settore tecnologico comprenderà invece 9 indirizzi: 1) meccanica, meccanotropica ed energia; 2) logistica e trasporti; 3) elettrotecnica ed elettronica; 4) informatica e telecomunicazioni; 5) grafica e comunicazione; 6) chimica e biologia; 7) tessile, abbigliamento e moda; 8) agricoltura e agroindustria; 9) costruzioni, ambiente e territorio. Ciascuno degli indirizzi sarà caratterizzato da un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi formativi e in aree di indirizzo, che potranno essere ulteriormente specificate in opzioni, con riferimento alle esigenze del mondo del lavoro e del territorio.
I biennio
La struttura dei percorsi sarà caratterizzata a sua volta da un primo bienno con 693 ore annuali di attività e insegnamenti generali, comuni ai settori economico e tecnologico e 363 ore annuali di attività e insegnamenti obbligatori per ciascun indirizzo. Nel primo biennio gli studenti completeranno l'obbligo scolastico e cominceranno ad acquisire i saperi e le competenze di indirizzo in funzione orientativa. Soprattutto attraverso la pratica di laboratorio. La generalità di base delle competenze consentirà loro di cambiare indirizzo qualora lo ritennessero opportuno, anche mediante il riconoscimento di crediti.
II biennio e quinto anno
Il secondo biennio e l'anno conclusivo saranno caratterizzati da un percorso formativo di 495 ore annuali di attività e di insegnamenti generali comuni ai due settori economico
Gestione scolastica, si fa sul serio
Direttori uscenti, obbligatorie le consegne per evitare guai
I direttori dei servizi generali e amministrativi che subentrano ad un altro collega in una scuola, devono effettuare obbligatoriamente il passaggio delle consegne. Altrimenti rischiano di incorrere nella responsabilità amministrativa e contabile. E il rischio di rimetterci di tasca propria coinvolge anche il dirigente scolastico e il presidente del consiglio d'istituto.
Il monito viene dalla ragioneria generale dello stato, che il 18 settembre scorso ha emanato una circolare (prot. 0109687) per cercare di limitare al minimo i casi di della cattiva gestione patrimoniale delle istituzioni scolastiche.
Passaggio di consegne
L'organo di controllo ha ricordato che le istituzioni scolastiche hanno acquisito ormai la personalità giuridica e l'autonomia amministrativa. E a questo proposito ha richiamato l'attenzione degli addetti ai lavori sull'esigenza di una corretta applicazione dell'articolo 24, comma 8, del decreto interministeriale n. 44/2001. Il dispositivo prevede che: «Quando il direttore cessa dal suo ufficio, il passaggio di consegne avviene mediante ricognizione materiale dei beni in contraddittorio con il consegnatario subentrante, in presenza del dirigente e del presidente del Consiglio di Istituto. L'operazione deve risultare da apposito verbale». In altre parole, il direttore entrante deve controllare che tutto sia a posto insieme al direttore uscente. E il risultato delle verifiche deve essere documentato in un verbale. Il tutto alla presenza del dirigente scolastico e del presidente del consiglio d'istituto. A questo proposito, peraltro,la ragioneria ha avvertito che la mancata formalizzazione del passaggio di consegne tra il consegnatario uscente e quello subentrante può dar luogo ad ipotesi di responsabilità amministrativa e contabile.
Ricognizione dei beni
L'organo di secondo grado ha ricordato, inoltre, che in tutte le scuole è necessario che almeno ogni cinque anni si provveda alla ricognizione dei beni. E almeno ogni dieci anni al rinnovo degli inventari e alla rivalutazione dei beni.
Per la ricognizione dei beni, la ragioneria ha spiegato che il consegnatario dei beni, individuato nel direttore dei servizi generali e amministrativi, deve provvedere ad eseguire periodicamente il riscontro tra le risultanze dell'inventario e la situazione effettiva. Procedendo anche a un sopralluogo fisico nei locali dell'istituzione scolastica.
E di tale attività dovrà essere redatto un apposito verbale nel quale dovranno essere descritte le operazioni svolte e la situazione accertata opportunamente riassunta in una tabella di sintesi. Il verbale dovrà poi essere sottoposto al dirigente scolastico, che attesterà l'effettività delle operazioni svolte. Infine, di tutto quanto dovrà essere fornita informazione al consiglio di istituto.
Prospetto «A»
In merito alla trasmissione del «prospetto A» (la scheda con la quale viene rilevata la consistenza e le variazioni patrimoniali delle istituzioni scolastiche, n.d.r.) i revisori in rappresentanza del ministero dell'economia dovranno far pervenire entro il 30 aprile di ogni anno alle ragionerie territoriali dello stato competenti i dati relativi alla consistenza ed alle variazioni patrimoniali delle istituzioni scolastiche presso le quali espletano l'attività di revisore dei conti. In caso di assenza o di impedimento del rappresentante del ministero dell'economia, a questi adempimenti dovrà provvedere il direttore dei servizi generali ed amministrativi della scuola.
Chek list
La Ragioneria ha allegato alla circolare anche un promemoria con gli adempimenti che devono essere effettuati dai revori del ministero dell'economia presso le istituzioni scolastiche. I revisori dovranno accertare, tra l'altro, l'avvenuto passaggio di consegne e la corretta applicazione della prescritta procedura. E dovranno verificare la correttezza del verbale del passaggio di consegne dal quale deve risultare l'avvenuta effettuazione della ricognizione inventariale e l'apposizione delle firme prescritte.
Cala il personale, i posti per la carriera restano gli stessi
Il numero degli avanzamenti di carriera possibili per gli Ata non sarà ridotto in base a quanti vanno via, per pensione o mobilità. Insomma, il personale effettivamente in servizio può essere anche calato nell'anno scolastico 2007/08 (è il caso di quanto hanno decisao di andare in pensione), ma il numero delle posizioni economiche assegnate ad ogni ufficio scolastico provinciale -in relazione agli stanziamenti stabiliti annualmente dal ministero della pubblica istruzione- resta lo stesso. Quelle resesi disponibili dal 1° settembre 2008 per le cause sopra dette dovranno, infatti, essere assegnate, per surroga, mediante scorrimento delle graduatorie provinciali definitive di cui all'articolo 6 dell'accordo nazionale del 10 maggio 2006, al personale che abbia già superato il previsto corso di formazione. Lo ha precisato il dirigente dell'ufficio V della direzione generale per il personale scolastico con la nota operativa prot. n. 15111 del 18 settembre 2008. Con la nota viene confermato, inoltre, che, nell'ipotesi in cui il soggetto individuato per scorrimento di graduatoria risulti trasferito in altra provincia e/o in altro profilo/ruolo, la posizione economica dovrà essere attribuita a favore dell'aspirante collocato in posizione immediatamente successiva della medesima graduatoria provinciale. Qualora la disponibilità derivi da cessazione dal servizio di soggetto al quale la posizione economica era stata attribuita in altra provincia, la surroga dovrà essere effettuata a cura e a beneficio della provincia di ultima titolarità. L'articolo 7 del contratto 2005 aveva previsto l'attribuzione di posizioni economiche orizzontali al personale Ata con contratto a tempo indeterminato, per lo svolgimento di ulteriori e più complesse mansioni, in aggiunta ai compiti già previsti dagli specifici profili professionali.
Poiché il nuovo istituto doveva essere finanziato con risorse annuali predeterminate, l'attribuzione della posizione economica doveva avvenire, come in effetti è avvenuto, progressivamente dopo l'esito favorevole della frequenza di apposito corso di formazione da parte del personale utilmente collocato in una apposita graduatoria provinciale. In prima applicazione il valore della posizione economica dei collaboratori scolastici e profili equiparati (area A) era stata stabilita in 330 euro annui; per gli assistenti amministrativi e tecnici e per i profili equiparati (area B) il valore stabilito era di 1.000 euro annui. Con la sequenza contrattuale sottoscritta il 28 luglio 2008, con la quale è stata data applicazione alla previsione normativa di cui all'articolo 62 del Ccnl/2007, tali gli importi annuali sono stati rivalutati e fissati rispettivamente in 600 e in 1.200 euro. Con la medesima sequenza è stato, inoltre, disposta l'istituzione di ulteriori posizioni economiche sia dell'area A che dell'area B.
L'esperto risponde
Lo stipendio non si decurta se l'assenza è giustificata
D Le assenze dovute a cause di forza maggiore non rientrano nelle novità introdotte dal ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, nel decreto 112/2008. E' la risposta al quesito di un lettore che si interroga sugli effetti della nuova disciplina delle assenze dal lavoro. Altra domanda, in verità assai frequente e qui sintetizzata, attiene all'orario di lavoro ridotto per mancanza di posti interi. Nella fattispecie, il prof può completare l'orario lavorativo finché non raggiunge il monte ore obbligatorio.
A seguito dei fenomeni atmosferici estremi (nevicate, allagamenti di strade per pioggie, chiusura strade per incidenti, etc.) può accadere che il viaggio verso la sede di servizio venga funestato da notevoli problemi fino a impedire il raggiungimento della stessa. Alla luce della legislazione in vigore e delle ultime disposizioni in materia di assenza dal lavoro, (disposizioni Brunetta), come deve essere giustificata la mancata presentazione a scuola per svolgere il servizio calendarizzato in orario? L'assenza forzata (e documentabile) sarà oggetto di decurtazione sullo stipendio?
R In via preliminare va chiarito che le novità introdotte dal decreto legge 112/2008 riguardano solo le assenze per malattia. Nulla è mutato per quanto riguarda altre tipologie di assenza. Quanto al ritardo o all'assenza «per neve» tale fattispecie rientra in quella prevista dagli articoli 1256 e seguenti del codice civile. A questo proposito la normativa primaria prevede che: «L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile (articolo 1256)» ma «se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile (articolo 1258)». Il caso di specie, peraltro, non è normato a livello secondario e, proprio per questo motivo, nel silenzio della legge scatta la cosiddetta discrezionalità amministrativa (che non è libera, ma vincolata alla'pplicazione del principio di ragionevolezza alla luce del vincolo del fine) per il tramite del potere di ordinanza che, in riferimento alle intemperanze atmosferiche, che rendono insicura la percorrenza delle strade (dunque per motivi di urgenza dovuti alla necessità di salvaguardare l'incolumità dei cittadini) può essere esercitato dal prefetto (in riferimento a tutto il territorio provinciale) o dal sindaco (nel territorio comunale). In ogni caso, qualora il potere di ordinanza venga esercitato intempestivamente o non venga esercitato, il prestatore di lavoro avrà titolo a giustificare il proprio ritardo in forma scritta evidenziando il percorso, l'ora e le condizioni atmosferiche ostative al trasferimento in tempo utile al raggiungimento della sede scolastica per l'orario stabilito. Dal quadro normativo appena esposto si evince, peraltro che, stante la liberazione dall'obbligazione per causa di forza maggiore (motivo prevedibile, ma inevitabile) non è dovuto alcun recupero, fermo restando il diritto alla retribuzione.
L'innalzamento dell'orario ridotto è legittimo
D Alle ultime nomine dei docenti a tempo determinato (supplenze), alcuni uffici scolastici provinciali (Usp) hanno inteso, a nostro avviso in maniera restrittiva o impropria, l'art. 4 del Dm 131 del 13.6.2007 (Regolamento sulle supplenze), sostenendo che, a fronte della presenza di una cattedra intera nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, il docente che la rifiuta per scegliere uno spezzone (forma ridotta) non ha più diritto a completamento né da altra classe di concorso, né da graduatorie di istituto. Da noi a Belluno, come pure a Venezia, seguendo questa interpretazione non riscontrata nella stragrande maggioranza delle province d'Italia, l'Usp ha apposto un asterisco sul nominativo di coloro che facevano una tale scelta, in modo da segnalare l'impossibilità di partecipare a successive scelte da altra classe di concorso. Inoltre, i dirigenti scolastici, nello scorrere le graduatorie, di fronte all'asterisco passano oltre e non chiamano. Ciò ha creato enorme disagio in una provincia di montagna come la nostra. Vorremmo conoscere, se tale interpretazione è in linea con la normativa vigente oppure è un'interpretazione del dirigente dell' Usp di Venezia che, guarda caso, è anche reggente a Belluno.
R L'articolo 40, comma 7, del vigente contratto di lavoro dice: «Il personale di cui al presente articolo (titolari di rapporto a tempo determinato), con orario settimanale inferiore alla cattedra oraria, ha diritto, in presenza della disponibilità delle relative ore, al completamento o, comunque, all'elevazione del medesimo orario settimanale». Giova ricordare, peraltro, che «il contratto collettivo del comparto scuola ha il potere di derogare a precedenti disposizioni di legge». E quindi, anche qualora vi fosse contrasto tra il regolamento della supplenze (decreto 131 del 13 giugno 2007) e il contratto di lavoro (sottoscritto il 29 novembre 2007) quest'ultimo avrebbe comunque prevalenza rispetto al primo. Non solo per effetto del precetto affermato dalla giurisprudenza, ma anche per effetto del criterio di specialità. All'atto della costituzione del rapporto di lavoro per il tramite della stipula del contratto preliminare, quindi, l'interessato matura immediatamente sia il diritto al completamento che quello all'innalzamento dell'orario di cattedra. L'implementazione del diritto al completamento deve avvenire secono quanto previsto dall'articolo 4 del decreto 131/2007 che così dispone: «L'aspirante cui viene conferita, in caso di assenza di posti interi, una supplenza ad orario non intero, anche nei casi di attribuzione di supplenze con orario ridotto in conseguenza della costituzione di posti di lavoro a tempo parziale per il personale di ruolo, conserva titolo, in relazione alle utili posizioni occupate nelle varie graduatorie di supplenza, a conseguire il completamento d'orario, esclusivamente nell'ambito di una sola provincia, fino al raggiungimento dell'orario obbligatorio di insegnamento previsto per il corrispondente personale di ruolo. Tale completamento può attuarsi anche mediante il frazionamento orario delle relative disponibilità, salvaguardando in ogni caso l'unicità dell'insegnamento nella classe e nelle attività di sostegno». Anche in presenza di rinuncia al trattamento cattedra, l'interessato, all'atto della costituzione del rapporto può legittimamente esercitare il proprio diritto all'innalzamento dell'orario di cattedra per il tramite della contestuale o successiva accettazione di ulteriori spezzoni compatibili con quello già acquisito. L'orientamento degli uffici scolastici di Venezia e Belluno non risulta giuridicamente fondato. Il rapporto di lavoro part time, risulta diverso dal rapporto di lavoro di cui sono titolari i docenti titolari di spezzone che, evidentemente, non scelgono di ridurre il proprio orario di lavoro, ma si limitano ad accettare una proposta di lavoro compatibile con il legittimo interesse ad una retribuzione congrua rispetto alla distanza dal proprio luogo di residenza, che, per motivi organizzativi, si presenta in forma ridotta. Tale diritto, peraltro, discende direttamente dall'articolo 36 della Costituzione, secondo il quale: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa». Gli emolumenti retributivi che spettano allo spezzonista, infatti, da soli «non sarebbero sufficienti ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia quell'esistenza libera e dignitosa che il precetto costituzionale vuole invece garantire (si veda, tra le tante, la sentenza della Corte costituzionale n.209/75)». Oltre tutto l'intepretazione degli uffici scolastici del Veneto non coincide con quella adottata dalla maggior parte degli altri uffici periferici. E tale disparità di trattamento potrebbe rendere annullabile o disapplicabile l'eventuale provvedimento recante tale interpretazione.
Arriva la scuola-card per le mense
Le famiglie pagano il servizio ai pos di edicole e tabaccherie
Dai negozi alle mense scolastiche. Il pos, l'apparecchio usato per i pagamenti con carta di credito, prende piede a scuola. Settanta comuni lo hanno adottato per prenotare e pagare i pasti degli alunni, per il trasporto scolastico, il comodato d'uso dei libri di testo, il pre e il postscuola. A fare da apripista Castel San Giovanni (Piacenza) nel 2000, seguito l'anno successivo da Abbiategrasso (Milano). Il sistema si basa su tessere identificative degli studenti e terminali di pagamento e trova la sua applicazione soprattutto nella ristorazione scolastica. Ad ogni alunno è assegnata una smart card con i dati personali, l'eventuale dieta personalizzata e la tariffa dei pasti. A scuola il bidello o un addetto del servizio mensa rivela la presenza degli studenti su griglie cartacee dove ogni ragazzo è associato a un codice a barre identificativo. E trasmette i dati raccolti al centro cottura tramite il terminale pos o via internet. L'informatizzazione del servizio permette di evitare errori nella prenotazione e di azzerare gli sprechi in quanto garantisce una corrispondenza tra pasti prenotati e consumati. E'un'operazione semplice che non richiede particolare formazione da parte del rivelatore e veloce in quando si basa sulla registrazione dei soli alunni assenti. «Se a rivelare i dati è un addetto del sevizio mensa per l'ente gestore della ristorazione c'è il vantaggio di avere la situazione aggiornata in tempo reale e di migliorare la qualità dell'offerta alla scuola», sottolinea Anna Baggio, responsabile della Gemeat Cousine gestore della ristorazione scolastica nel comune di Canegrate (Milano). Ma i vantaggi maggiori li hanno le famiglie. I genitori, infatti, pagano i pasti del figlio con un apposito pos collocato presso edicole, cartolibrerie, tabaccherie e in cambio hanno uno scontrino come ricevuta di pagamento. Inoltre, possono utilizzare i pagamenti on line. Per controllare la situazione debitoria o creditoria basta accedere alla apposita pagina web del sito del comune o richiedere l'invio di un sms. Le famiglie possono diluire il pagamento o saldarlo in anticipo secondo le proprie esigenze. «E' un servizio che gli consente accedere nel modo più comodo al servizio mensa», ricorda Claudio Martino, dirigente del settore attività educative del comune di Legnano (Milano) che con i suoi 4.400 studenti ha il primato italiano del servizio, seguito da Pavia dove il sistema informatizzato viene usato anche per l'iscrizione al nido e per i centri estivi. E' proprio il Nord d'Italia, infatti, a farla da padrona con la Lombardia capofila. Ma il servizio si ferma a Sud della capitale, ad Anzio.«Si sta diffondendo molto nei comuni più piccoli», spiega Paolo Barca, responsabile commerciale di Acme, l'azienda che da 10 anni diffonde in Italia questo sistema. E' il caso di Canegrate. La dirigente dell'elementare Aldo Moro, Laura Borsani, afferma che prima era «difficile definire le competenze tra i bidelli e il servizio mensa, ora sono suddivise. Per la scuola non c'è nessun aggravio». E neanche per le amministrazioni comunali. Iniziando dai costi. L'informatizzazione della ristorazione scolastica, infatti, è introdotta nel bando di assegnazione del servizio mensa come una miglioria e quindi non comporta spesa aggiuntive per il comune. Con il sistema prepagato incassa le rette in tempo reale, elimina il cartaceo recuperando risorse, ha un maggior controllo contabile su ciascun utente e garanzia della privacy in ordine alle diverse fasce di reddito. Intanto, Ingenico, l'azienda che fornisce i teminali pos, pensa già ai nuovi modelli GPRS da fornire agli utenti.